mercoledì 26 settembre 2018

Cartelle esattoriali via PEC, una fregatura

E ci risiamo, ecco l'ennesima truffa ai danni dei contribuenti perpetrata dall'agenzia delle entrate.
Da 1° giugno 2016 è stato introdotto l'obbligo per l'agente della riscossione (Equitalia prima, oggi Agenzia entrate riscossione) di inviare le cartelle esattoriali via posta elettronica certificata o PEC.
Ebbene a prima vista questo fatto sembra una bella innovazione in quanto elimina la carta e rende le comunicazioni più veloci ma c'e' un ma, questa nuova modalità nasconde due grosse fregature ai danni dei contribuenti.

Spese di notifica
La prima fregatura sono le spese di notifica, nelle cartelle recapitateci infatti tra le varie voci troviamo 5,88€ a titolo di spese di notifica.
Correttamente chi ci invia la raccomandata ci addebita la spesa sostenuta in quanto, in teoria, è colpa nostra se l'agenzia delle entrate ci deve inviare una cartella.
Questo è fastidioso in quanto fa aumentare il carico debitorio ma è formalmente corretto.
Quello che non è corretto è però il fatto che questa spesa venga addebitata anche in caso di invio tramite PEC, in quel caso l'agente della riscossione non spende praticamente nulla per inviarci il file della cartella via posta elettronica certificata, per cui il fatto che venga richiesto il rimborso di un costo non sostenuto è una truffa nei confronti dei contribuenti.
Alla fine con la notifica tramite PEC l'unico che ci guadagna è lo stato, una bella fregatura.

Data di avvenuta notifica
Questo è forse l'aspetto peggiore della notifica via PEC, la data di avvenuta notifica.
Nel caso di comunicazione cartacea la data di notifica coincide con il momento in cui ritiriamo la raccomandata o dopo 30 giorni di giacenza della stessa se nessuno la ritira.
Con la PEC invece la data di notifica è quella in cui la casella riceve il messaggio e non quando noi vi accediamo realmente.
Questo provoca una grave lesione dei diritti del contribuente in quanto si rischia di avere minor tempo per presentare un eventuale ricorso.
Pensiamo ad esempio a qualcuno assente per un certo periodo, ad esempio 15 giorni.
Se durante la mia assenza arriva una cartella tramite raccomandata mi verrà lasciato un avviso nella buca, al mio rientro troverò un avviso e avrò ancora almeno altri 15 giorni per ritirare la raccomandata.
Dal momento del ritiro vero e proprio avrò poi 60 giorni per contestare la cartella in caso ce ne fosse bisogno.
Con la PEC invece tutto questo tempo si riduce, se sto via 15 giorni e in quel tempo non leggo la mail (perché magari sto in vacanza e vorrei staccare dagli affari) al mio rientro invece di avere 15 giorni per il ritiro + altri 60 per il ricorso avrò solo 45 giorni per il ricorso in quanto la PEC risulta notificata non appena la mia casella l'ha ricevuta.
Se poi sono uno che guarda raramente la mail rischio che una cartella, magari annullabile, diventi definitiva senza che io sappia nemmeno di averla ricevuta.
Per un contribuente questa è una vera truffa lesiva dei suoi diritti.
E dire che sarebbe bastato legare la data di notifica alla data di lettura della mail per evitare questo problema, fermo restando che dopo 30 giorni dalla consegna nella casella sarebbe scattata la notifica come per le raccomandate, invece si è deciso, come sempre, di cercare di fregare i contribuenti riducendo i tempi a loro disposizione.

Conclusione
Quello che viene fatto passare per innovazione alla fine fa risparmiare soldi solo allo stato e danneggia i diritti dei contribuenti ragion per cui meglio evitare di comunicare l'indirizzo di pec a chi la usa solo per fregarti.

Un contribuente senza diritti non sarà mai un contribuente onesto.

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